Il primo anno del nuovo millennio ha conosciuto l’istituzione di una giornata della memoria con l’intento di ricordare i sei milioni di ebrei sterminati dai nazisti sulla base di un preciso progetto pianificato tecnicamente con l’intento di cancellare l’esistenza fisica di tutta la popolazione ebraica dalla terra d’Europa.
Il progredire della cultura della memoria ha determinato un allargarsi dell’orizzonte di indagine. Persone e altre genti di popoli che avevano subito stermini delle proporzioni di un genocidio, o di stragi di massa si sono affacciati al tribunale delle nazioni per chiedere giustizia e memoria riconosciuta per potere ritrovare il cammino della pace che si può aprire solo con il riconoscimento da parte di chi ospitò nel proprio corpo il morbo del crimine. Una parte dell’opinione pubblica ha scoperto che solo limitandosi al secolo breve l’umanità ha conosciuto il genocidio della Namibia, quello Armeno, lo sterminio nazista, le stragi di massa perpetrate dall’esercito imperiale giapponese in Manciuria e in altre aree asiatiche, i crimini staliniani, le stragi e le persecuzioni sistematiche del popolo curdo, il genocidio interno del popolo cambogiano, le stragi della ex Iugoslavia, il genocidio dei Tutsi, le persecuzioni degli Uiguri, dei Rohingia, del popolo Sarawi…
La settimana delle memorie non si fonda su alcuna ideologia, non vuole essere un tribunale, non si erge a giudice; il suo scopo è quello di dare un contributo artistico e culturale ad edificare una memoria universale per promuovere la pace e l’incontro fra le genti.
Moni Ovadia